Esprimo vicinanza e solidarietà al lavoratore risultato positivo al Coronavirus e ai propri cari, augurandogli una pronta guarigione. Ci sono altresì alcune considerazioni da fare proprio alla luce del lavoratore Mittal risultato positivo al coronavirus, pur prendendo atto che il protocollo sia stato eseguito dall'Asl, predisponendo la quarantena per i soggetti venuti a stretto contatto del contagiato e prevedendo per gli stessi, già dalle prossime ore, il test del tampone.
Capisco perfettamente che sottoporre al test l’intera forza lavoro composta da 5500 persone in Ilva, non sia attualmente fattibile per l'enorme tempo che ci vorrebbe, ma penso ugualmente che la realtà tarantina, in cui insiste un complesso polo industriale, una importante attività di trattamento rifiuti, nonché un settore agricolo rilevante, meriti il potenziamento delle strutture di analisi preposte all’esame dei tamponi. Ritengo quindi sia necessario aumentare il numero dei tamponi nella provincia di Taranto, o comunque i test diagnostici per individuare i positivi, effettuandoli perlomeno su tutte le persone esposte e/o venute a diretto contatto con i positivi.
Una constatazione, poi, è d'obbligo sull’Ilva: l’area a caldo è nuovamente una fonte di problemi, ora più che mai perché in sé raccoglie rischi che la cittadinanza ovviamente fatica a comprendere e che sono testimonianza di una non compatibilità con il territorio. Il rischio di diffusione del Coronavirus è infatti solo l’ultima circostanza che si aggiunge a una lunga lista, non dimentichiamo che l’area a caldo rappresenta una fonte cronica di inquinamento. Se per affrontare il problema del Coronavirus, come abbiamo detto, occorre immediatamente cercare di ridurre il più possibile la forza lavoro e avviare il maggior numero di tamponi, sull’esistenza dell’area a caldo ribadisco che occorre programmare la chiusura della stessa, mantenendo solo l’area a freddo, esattamente come è stato fatto a Genova. Non a caso, infatti, in questo periodo nell’area a freddo di Genova solo alcune decine di lavoratori sono rimasti a presidiare lo stabilimento di Cornigliano.
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