“La produzione di rifiuti speciali in Italia continua ad aumentare”.
“Occorre investire di più sul fronte della prevenzione dei rifiuti speciali”.
“L’Italia è lontana dall’obiettivo fissato dal Programma Nazionale di Prevenzione del 2013”.
Tanti titoli e un minimo comune denominatore: sulla gestione dei rifiuti speciali siamo indietro!
Ho partecipato alla presentazione Ispra del Rapporto Rifiuti Speciali 2018 organizzata alla Camera dei Deputati e alla quale ha portato i suoi saluti anche il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa.
Il Ministro ha richiesto a Ispra che si apra al più presto una riflessione sul Modello unico di dichiarazione ambientale, cosiddetto MUD, ossia lo strumento con il quale si realizza la comunicazione annuale al catasto dei rifiuti, e dal quale derivano poi i valori raccolti nel rapporto, inoltre è necessario puntare a sciogliere i nodi dell’end of waste funzionale al recupero di materia anche per gli pneumatici. Richieste accolte immediatamente da tutti i componenti M5S della commissione Ambiente della Camera: con una nota congiunta abbiamo mostrato al Ministro il nostro totale appoggio affinché le imprese agiscano in base a direttive chiare e puntino sulla prevenzione utilizzando le migliori tecniche disponibili, investendo quindi sulla ricerca e sull’innovazione.
Sempre Costa poi si è detto non stupito dell’ingente quantità di rifiuti speciali prodotta nel nostro Paese, e sull’argomento ha proposto una duplice chiave di lettura: “Potrebbe essere salutata come un fatto positivo, perché una quota è andata in chiaro e un’altra quota arriva da una maggiore produzione”. Ciò non toglie che è necessario puntare al 100% di riutilizzo e riciclo materia, proprio come ha ribadito lo stesso Ministro.
Infatti, dati Ispra alla mano, nel 2016 la produzione di rifiuti speciali in Italia è aumentata del 2% rispetto all’anno precedente e raggiunge i 135 milioni di tonnellate, mentre rispetto all’anno 2014 l’aumento è del 4,5%.
I rifiuti speciali generati da attività produttive, commerciali e di servizio, sono per quantità quattro volte superiori a quelli urbani. A crescere in modo particolare nel 2016 è stata la categoria dei “pericolosi”, che con oltre 9,6 milioni di tonnellate segna un +5,6% rispetto al 2015.
Sul versante dei rifiuti speciali esportati all’estero il Rapporto Ispra 2018 attesta che nel 2016 la quantità totale di rifiuti speciali esportati risulta più o meno stabile rispetto al 2015, tali rifiuti poi provengono da impianti di trattamento dei rifiuti e sono inviati principalmente in Germania. I rifiuti speciali importati da altri Paesi, per la maggior parte metallici, aumentano dello 0,9% e provengono soprattutto da Germania, Austria e Ungheria.
352 mila tonnellate sono i rifiuti contenenti amianto prodotti in Italia nel 2016, costituiti per il 93,5% da materiali da costruzione. La forma di smaltimento prevalente per quest’ultima tipologia di rifiuti pericolosi rimane la discarica (85,5% del totale gestito). Un quantitativo rilevante (circa 118 mila tonnellate) viene esportato sempre in Germania.
In Puglia, nel 2016, la produzione regionale di rifiuti speciali si attesta a quasi 9,5 milioni di tonnellate, il 7% del totale nazionale. Il 96,6% (circa 9,1 milioni di tonnellate) è costituito da rifiuti non pericolosi e il restante 3,4% (320 mila tonnellate) da rifiuti pericolosi. Le principali tipologie di rifiuti prodotte sono rappresentate dai rifiuti delle operazioni di costruzione e demolizione (37,3% della produzione regionale totale) e da quelli derivanti dal trattamento dei rifiuti e delle acque reflue (26,1%).
Se andiamo a leggere le percentuali rilevate per tipologia di attività economica, noteremo che i rifiuti speciali non pericolosi e pericolosi prodotti dalle raffinerie di petrolio e dalla fabbricazione del coke sono 27.092 tonnellate per l’anno 2016, di cui 24.735 sono rifiuti speciali pericolosi. Quest’ultimo aspetto sarà oggetto di valutazioni e ricerche future, in particolare per rilevare sia l’incidenza che la correlazione con le industrie e le discariche che insistono sul Tarantino. È stato già ampiamente documentato e denunciato quanto il territorio della provincia di Taranto sia interessato da un’alta concentrazione industriale pesante e dall’esistenza di numerosi siti di smaltimento rifiuti urbani e speciali, sia interni che esterni all’Ilva.
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