Gestione rifiuti covid, perplessi dalla risposta del ministero dell'Ambiente

Ieri mattina sono intervenuto in Aula, in replica al Sottosegretario Morassut del Ministero Ambiente nell’ambito di una interpellanza presentata dal gruppo Ambiente del M5S Camera sulla gestione dei rifiuti Covid.

Ecco il testo dell’interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

con la «fase2» il nostro Paese si sta accingendo alla ripresa della pressoché totalità delle attività industriali e commerciali;

sebbene le attività connesse alla gestione dei rifiuti non si siano mai arre- state, in virtù della loro essenzialità e del loro ruolo di pubblico interesse, è necessario programmare una «fase 2» anche per la gestione dei rifiuti. In tale contesto, oltre al ruolo indispensabile svolto da ciascuna regione in questa emergenza, lo Stato sarà chiamato a recitare un ruolo prioritario, in continuità con quanto già richiesto in Parlamento con l’interpellanza urgente (la n. 2-00695, a firma Ilaria Fon- tana e altri) in tema di azioni di contrasto alla diffusione del COVID-19 nella gestione dei rifiuti;

è, infatti, necessario agire su due fronti:

a) rivedere e aggiornare alcune proroghe o deroghe alla gestione ordinaria dei rifiuti, già adottate dalle regioni con proprie ordinanze contingibili e urgenti sulla base della circolare del 30 marzo 2020 del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, legittima- mente assunte in costanza di emergenza sanitaria;

b) affrontare nuove criticità, unite alla perdurante esigenza sanitaria, in or- dine alla gestione dei rifiuti a seguito della riapertura di molti negozi e fabbriche su tutto il territorio nazionale;

sotto il primo profilo, alla luce delle più aggiornate conoscenze in tema di persistenza del virus sulle superfici, andrebbe riconsiderata la necessità di avviare prioritariamente all’incenerimento il flusso dei rifiuti indifferenziati, qualora non derivanti «da giro dedicato» ovvero da abitazioni in cui vi siano soggetti positivi al tampone o in quarantena obbligatoria, così come previsto nella circolare del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 30 marzo 2020.

L’obiettivo sarebbe quello di arginare il ricorso ad inceneritori e discariche, che farebbe precipitare il sistema industriale italiano dei rifiuti ad oltre trent’anni fa. Inoltre, andrebbe circoscritta alla durata dell’emergenza la deroga quantitativa e temporale accordata al deposito tempora- neo dei rifiuti presso il luogo in cui sono stati prodotti, per evitare che questa disposizione contenuta nell’articolo 113-bis del decreto-legge n. 18 del 2020, legittimata dall’emergenza sanitaria, possa di- ventare «ordinamentale» e pertanto permanente a fronte dell’auspicato termine della fase emergenziale. Come riportato dalle cronache, nonché dagli approfondi- menti della Commissione di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, il rischio connesso a termini di deposito e stoccaggio più lunghi è quello di lasciare invitanti spazi per lo smaltimento illecito dei rifiuti, nonché per incendi dolosi già ricorrenti prima dell’emergenza;

sul secondo punto, giova rilevare come sarà prodotto e utilizzato un numero rilevantissimo di prodotti monouso, quali guanti, mascherine e tute provenienti, non solo da nuclei domestici, ma da parte di aziende, con la conseguenza che, ad oggi, a seconda della regione considerata, si registrano difformità e incertezze in or- dine alla loro non acclarata classificazione quali rifiuti speciali assimilabili agli urbani, ovvero sanitari a rischio infettivo ovvero quali materiali filtranti o indumenti protettivi. È evidente che da tale classificazione possano discendere oneri per la raccolta molto diversi per le aziende. Sarebbe opportuno, inoltre, for- nire protocolli o campagne di informazione diretti a bar e ristoranti e consumatori, affinché la pratica del monouso in plastica non si riaffermi, considerato che la disinfezione e il risciacquo delle stoviglie riutilizzabili è in grado di eliminare il virus;

sarebbe opportuno promuovere l’utilizzo di mascherine certificate riutilizza- bili, anche sulla base di uno standard tecnico che ne consideri efficacia e ciclo di vita in relazione ad un uso comune e non di carattere sanitario;

infine, è auspicabile rafforzare i con- trolli sul territorio affinché il deposito incontrollato di rifiuti, nonché gli sversamenti illeciti siano ridotti a fronte del possibile veicolo di contagio rappresentato da tali inquinamenti, come richiamato nell’audizione dell’Istituto superiore di sanità presso la Commissione di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati –:

se i Ministri interpellati intendano assumere iniziative, anche di carattere normativo, affinché sia data uniformità e chiarezza all’operato delle regioni in tema di classificazione dei dispositivi di protezione individuale utilizzati da aziende che in via ordinaria non avrebbero fatto uso di tali prodotti;

se intendano adottare iniziative per una corretta informazione in ordine al- l’assenza di rischi connessi alle stoviglie riutilizzabili in bar e ristoranti;

se i Ministri interpellati intendano adottare iniziative per prevedere, non appena le condizioni oggettive lo consenti- ranno, un ripristino della disciplina ordinaria in tema di deposito temporaneo;

se i Ministri interpellati, non appena le contingenti e urgenti necessità lo renderanno possibile, intendano adottare iniziative per porre un freno ad un ricorso preferenziale all’incenerimento almeno dei rifiuti non provenienti da «giro dedicato»;

se i Ministri interpellati intendano valutare l’opportunità di farsi promotori di procedure, scientificamente validate, per la riutilizzabilità delle mascherine per uso comune, al fine di contenerne l’« uso e getta »;

se i Ministri interpellati intendano assumere iniziative per adottare, anche al fine di prevenire il diffondersi del virus, un sistema di sorveglianza in ordine allo sversamento illecito in mare e nei fiumi, nonché in ordine all’abbandono incontrollato di rifiuti, anche attraverso l’uso dei droni già sperimentato per l’enforcement della quarantena presso le proprie abitazioni.

La risposta del Sottosegretario Ambiente, Morassut:

“Rispondo all’interrogazione della collega Licatini, che fa seguito ad una precedente interrogazione sempre del gruppo MoVimento 5 Stelle che è stata presentata qualche settimana fa in relazione all’approvazione del decreto-legge cosiddetto Cura Italia, nella prima fase dell’emergenza. I numerosi quesiti che sono stati proposti possono essere sostanzialmente raccolti in quattro blocchi di questioni, sui quali io cercherò di dare una risposta.

In primo luogo, la questione dell’attività in corso da parte del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare sullo smaltimento dei dispositivi di protezione individuale. La seconda questione, sulla classificazione dei rifiuti da dispositivi di protezione individuale legati all’emergenza COVID-19, che rispondono a varie tipologie evidentemente, non sono soltanto, in riferimento all’interpellanza, quelli provenienti da soggetti sottoposti a quarantena, ma sono anche tutti quelli che circolano negli esercizi commerciali, non solo nelle abitazioni, quindi è l’intero sistema. Terzo, una valutazione sulla situazione legata al traffico illecito di questa parte dei rifiuti, e quindi delle attività di indagine e di conoscenza del fenomeno affidate al NOE, come poi dirò, all’Arma dei carabinieri. Ed infine, la questione delle deroghe temporali ai depositi temporanei, in relazione a quanto disposto in fase di conversione del decreto -legge n. 18 del 2020, “Cura Italia”, con l’articolo 113-bis. Sono queste sostanzialmente le quattro questioni.

Per quello che riguarda l’uso dei dispositivi di protezione individuale nel contesto dell’emergenza nazionale connessa all’emergenza COVID-19, le indicazioni in materia di raccolta e gestione dei rifiuti costituiti dai DPI usati sono pervenute dal Ministero della Salute, dall’Istituto superiore di sanità, dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente e dalla Commissione europea. Il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare ha cercato di fornire tutte le risposte e le indicazioni in relazione alla gestione dei rifiuti. In particolare, in merito ai dispositivi di sicurezza individuale rientranti nell’uso quotidiano della collettività ai fini della protezione dal contagio, fin dal 30 marzo con un’apposita circolare, che è stata richiamata anche nella presentazione dell’interpellanza, sulla base di una precedente circolare emessa dall’Istituto superiore della sanità, sono state fornite le opportune prescrizioni per la gestione degli stessi in ambito domestico, in presenza o meno di soggetti contagiati, e tali indicazioni hanno consentito di gestire nell’immediato la raccolta dei suddetti dispositivi nei rifiuti indifferenziati che ai fini di ulteriori garanzie di sicurezza sono avviati prioritariamente all’incenerimento. Allo stato attuale tale gestione rimane la migliore percorribile.

Alla luce delle stime poi effettuate da ISPRA relativamente ai quantitativi di rifiuti prodotti dall’intera collettività per mezzo dei suddetti dispositivi, che sono anche guanti monouso, mascherine ed altro, attualmente è in fase di studio da parte di ISPRA la possibilità di promuovere una raccolta separata, ancorché sperimentale, che possa in alternativa all’attuale gestione, che è stata la prima risposta, consentire un flusso dedicato ad evitare che tali rifiuti vengano abbandonati.

Per quanto concerne la gestione dei rifiuti derivanti dall’uso dei dispositivi nell’ambito delle utenze non domestiche, quindi attività economiche e produttive, il 16 maggio ISPRA ha pubblicato un documento che fornisce delle indicazioni per la classificazione e la diretta gestione, smaltimento compreso, dei rifiuti di dispositivi di protezione individuale usati, mascherine, guanti ed altro. In particolare, ISPRA evidenzia che la classificazione di un rifiuto è un onere del produttore, che è chiamato ad individuare il pertinente codice dell’elenco europeo dei rifiuti, e a valutare, qualora ne ricorrano le condizioni, la sussistenza di pericolosità. L’attribuzione del codice è attuata applicando la procedura e i criteri stabiliti nel paragrafo “Elenco dei rifiuti” dell’allegato alla decisione 2000/532/CE della Commissione europea. Il criterio di individuazione del codice relativo ai rifiuti costituiti dai dispositivi usati è quello della funzione del prodotto, tenuto conto che tale fattispecie di rifiuto non è ascrivibile ad uno specifico settore produttivo: la questione che richiamavo all’inizio, cioè non è soltanto un dispositivo che si usa per una determinata funzione, ma è un dispositivo che si usa per diverse funzioni, e quindi la codificazione può cambiare, e quindi esso può essere generato nell’ambito di un qualunque settore economico.

Il documento di ISPRA, oltre a riportare la modalità di gestione dei dispositivi usati prodotti nelle utenze domestiche e nelle strutture sanitarie, fornisce indicazioni sulla classificazione degli stessi, sia nel caso in cui siano prodotti dalle utenze produttive assimilate alle utenze domestiche, sia quando siano prodotti dalle utenze produttive non assimilate, con una sostanziale differenza di assegnazione del codice EER. Questo documento è pubblico e può essere reperito facilmente.

Sulla questione relativa al traffico illecito e alle filiere afferenti al recupero e allo smaltimento di questi rifiuti, e al rischio appunto di comportamenti illeciti, le attività investigative - quindi la terza questione, il terzo blocco di questioni - attualmente in corso da parte del NOE restituiscono quale elemento informativo come le citate difficoltà sarebbero riconducibili all’impossibilità di inviare i rifiuti in questione a smaltimento/recupero tramite gli abituali canali esteri, anche in seguito alla scelta autonoma di alcuni impianti di adottare misure restrittive per il principio di precauzione. A tal riguardo, i competenti nuclei operativi ecologici dei Carabinieri hanno fatto presente che il quadro di situazione relativo alla gestione non conforme dei rifiuti solidi urbani risulta sostanzialmente simile a quello già esistente, e connesso principalmente alla limitata presenza di impianti per la chiusura del ciclo dei rifiuti, e che di conseguenza porta ad un aumento di costi di gestione e a possibili ricorsi a comportamenti illeciti. L’emergenza COVID-19 pertanto non comporterà la delineazione di scenari criminali e di conseguenza di modus operandi illeciti nuovi, bensì il potenziale peggioramento di quelli attuali.

Complementare alla citata problematica si pone il tema della gestione dei rifiuti sanitari ed extra-ospedalieri prodotti da pazienti positivi al COVID-19. Per tali rifiuti, come già detto, l’Istituto superiore di sanità ha pubblicato gli elementi di valutazione che costituiscono di fatto il punto di riferimento per il corretto conferimento dei rifiuti urbani al servizio pubblico di raccolta. Al riguardo, sempre secondo quanto riferito dal NOE, la possibilità di commissione dei reati connessi alla loro gestione e smaltimento appare residuale, atteso che sul territorio nazionale è obbligatorio il loro incenerimento. Detto questo, essendo la filiera estremamente ridotta, la possibilità di commissione dell’illecito, seppur possibile, appare improbabile o meglio non conveniente. Inoltre, la percentuale di incidenza di tali rifiuti rispetto ad altre filiere appare tuttora di minore rilevanza. Ciononostante, si ritiene che il settore possa essere appetibile per le compagini criminali, sempre spinte alla ricerca di canali profittevoli. Per tali ragioni i competenti nuclei sono stati opportunamente sensibilizzati, allo scopo di orientare la loro attività info-investigativa al fine di monitorare costantemente le possibili ripercussioni sul ciclo dei rifiuti che l’emergenza in atto potrebbe determinare.

Per ultimo: intanto, per quanto riguarda diciamo la forma che ha assunto, in sede di conversione, su questo punto il “decreto Cura Italia”, è necessario chiarire la corretta interpretazione dell’articolo 113- bis della legge di conversione del decreto n. 18, intanto evidenziando quale sia stato il percorso intrapreso nell’ambito della complessa situazione emergenziale connessa alla vicenda COVID-19 a partire da febbraio 2020. La necessità di garantire alla cittadinanza i servizi essenziali, fra i quali rientra a pieno titolo il servizio di gestione dei rifiuti e al fine di assicurare la corretta gestione del servizio di raccolta e di trattamento e dello smaltimento finale, adottando allo stesso tempo misure supplementari per garantire livelli di sicurezza dei lavoratori dello specifico settore, nonché della tutela della salute e dell’ambiente, ha indotto il Ministero ad emanare la suddetta circolare. In quella circolare, nel rispetto delle specificità emergenziali di ciascun territorio, sono state fornite alle regioni e alle province le indicazioni per adottare le misure necessarie, ai sensi dell’articolo 191 del TUA, per esigenze direttamente collegate all’emergenza sanitaria, al fine di disciplinare forme speciali di gestione dei rifiuti sul proprio territorio e consentire agli impianti la gestione di eventuali sovraccarichi. Il regime derogatorio, alla norma vigente, temporalmente circoscritto alla durata dell’emergenza- ivi compreso il ricorso prioritario all’incenerimento poteva tra l’altro essere attivato anche per il deposito temporaneo. In quel testo, l’estensione quantitativa e temporale dei termini si rilevava infatti necessaria, al fine di poter garantire la corretta gestione dei rifiuti speciali durante l’attuale periodo emergenziale legato al contenimento e alla gestione epidemiologica. Pertanto, nel corso del procedimento approvativo per la conversione del cosiddetto decreto Cura Italia, alcune indicazioni fornite dalle regioni con la predetta circolare sono state valutate nell’ambito di appositi emendamenti, che hanno prodotto l’inserimento dell’articolo 113-bis, contenente le previsioni per la deroga alle disposizioni relative al deposito temporaneo. Ora, su questo va del resto detto che, se il legislatore, in fase di conversione, avesse voluto modificare radicalmente la norma, inserendo degli aspetti ordinamentali - è questo il dubbio sollevato nell’interrogazione - avrebbe agito probabilmente modificando completamente il testo della norma, quindi novellandola, cosa che però non è avvenuta. L’emendamento, approvato in sede di Senato, si inserisce poi all’interno di un corpus normativo del provvedimento nel suo complesso, che è volto all’emergenza, all’interno di un provvedimento il cui titolo stesso, all’articolo 113-bis del decreto n. 18, recita: “proroghe e sospensione dei termini”: ciò dovrebbe metterci al riparo da qualunque dubbio interpretativo, che, in ogni caso, qualora dovesse emergere, il Ministero dell’Ambiente rassicura che valuterà ogni opportunità di intervenire con appositi chiarificazioni normative.

La mia replica, di cui potete guarda anche il video

"Grazie Presidente, ringrazio e saluto il sottosegretario Morassut, sempre puntuale e preciso. A nome del gruppo della Commissione ambiente del MoVimento 5 Stelle, non ci riteniamo completamente soddisfatti, per diverse motivazioni. Innanzitutto, vorrei sottolineare, che, dal mio punto di vista, il Ministero dell’Ambiente, in questa fase e relativamente all’oggetto in questione, sia un po’ vittima di quelle che sono forse pareri e decisioni tecniche non vagliate correttamente dalla parte politica. Noi sappiamo il valore del sottosegretario Morassut e del Ministro Costa, che sono di altissimo profilo di tutela ambientale, questo l’abbiamo sempre riconosciuto, tuttavia ci sembra che, per quanto riguarda queste argomentazioni, in questo periodo, ecco, la tutela ambientale non

sia stata perfettamente tutelata. Andiamo a spiegare il perché. Innanzitutto, sicuramente dobbiamo fare un cappello sulla discussione dello smaltimento dei rifiuti. A inizio epidemia, abbiamo sentito i soliti diciamo storici sedicenti tecnici dei rifiuti in generale, che ci dicevano che, poiché arrivava l’epidemia, ci sarebbero stati nuovi rifiuti, nuove mascherine, nuovi guanti e quindi occorrevano nuovi inceneritori per andare a bruciare e risolvere il problema dei rifiuti.

Bene, questa situazione in realtà si è rilevata completamente falsa. Perché? Perché, in questi mesi di emergenza COVID-19, in realtà, non c’è stato un aumento della produzione dei rifiuti, bensì una diminuzione di mezzo milione di tonnellate di rifiuti urbani, che superano i 4 milioni e mezzo di tonnellate in meno di produzione, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, che dicevo, appunto, sono inferiori a 4 milioni e mezzo, se sommiamo anche gli speciali, perché ovviamente le aziende erano chiuse, per cui c’è stata una riduzione. In più, l’ISPRA ha calcolato, andando a considerare il peso medio di una mascherina di 11 grammi e dei guanti dello stesso peso, che la produzione annuale, quindi lo smaltimento annuale di questi DPI arrivi a 300.000 tonnellate; pertanto, con il mezzo milione di tonnellate in meno prodotte in questo periodo e le 300.000 - ed è una stima per eccesso, sottolinea l’ISPRA - tonnellate in più di produzione di DPI, non avremmo nessun problema per quanto riguarda l’impiantistica. E quindi questo dobbiamo ribadirlo per l’ennesima volta: chi ha preteso, chi chiedeva a gran voce nuovi inceneritori ha detto una fesseria, dobbiamo riconoscerlo e dobbiamo ribadirlo in quest’Aula. Lo dobbiamo ribadire su tutti quanti i canali possibili e immaginabili, anche perché - ed è questo il punto fondamentale - l’inceneritore, gli inceneritori, ma il sistema che porta ad incenerimento è il vero problema nella questione dei rifiuti, perché molto spesso ci dicono anche che occorrono nuovi inceneritori, perché portiamo rifiuti all’estero. Va bene, andiamo allora a capire quali sono questi rifiuti che vanno all’estero: il 45 per cento - e come ben sa il sottosegretario, noi in Commissione ecomafie stiamo seguendo e stiamo facendo proprio un’inchiesta sulla questione dei rifiuti in situazione COVID-19 - il 45 per cento dei rifiuti esportati all’estero è rappresentato dal CSS, cioè un tipo di rifiuto che è frutto del trattamento meccanico biologico della parte più secca, che dovrebbe andare poi appunto ad essere bruciato, quindi è finalizzato per gli inceneritori sostanzialmente il CSS. Il 45 per cento dei rifiuti che va all’estero è rappresentato da CSS e qui capiamo che vanno all’estero perché, probabilmente, l’impostazione della gestione del trattamento dei rifiuti è sbagliata. Sul rifiuto urbano residuo, quello, diciamo, “residuo” delle raccolte differenziate, evidentemente, dobbiamo aprire una grande discussione per trattarlo in maniera differente e far sì che non sia finalizzato all’incenerimento; proprio per questo motivo dobbiamo svolgere una seria riflessione sull’esistenza di questi CSS e, inoltre, rifiuti che vanno all’estero sono rappresentati da cosa? Da ceneri leggere degli inceneritori, per cui, ancora una volta, l’inceneritore, da che viene professato come la risoluzione di tutti i problemi, in realtà, è causa dei problemi: è causa anche, quindi, in parte, del trasferimento all’estero dei rifiuti.

Un altro passaggio ovviamente dobbiamo farlo: il sottosegretario, giustamente, riprendendo le argomentazioni della collega Licatini, ha messo in evidenza come la circolare del Ministero dell’Ambiente, poi trasformata in norma con l’articolo 113-bis del decreto “Cura Italia”, abbia di fatto, in qualche maniera, dato la possibilità, in deroga a quelle che sono le autorizzazioni normali, di poter stoccare, depositare i rifiuti, fino al 50 per cento in più rispetto all’autorizzazione, per un periodo massimo fino a 18 mesi. Ora, da Commissione ecomafie, da commissari ambiente anche, ma da cittadini effettivamente siamo preoccupati proprio per le situazioni che la collega Licatini ha messo in evidenza, perché, quando i rifiuti vengono stoccati per troppo tempo, purtroppo,

sappiamo benissimo che lo Stato sta facendo una guerra e lo sta facendo con tutti gli apparati, dal Ministero alle Forze dell’ordine, per impedire gli incendi nefasti. Ecco, noi dobbiamo necessariamente cercare di avere gli occhi aperti su questo argomento, perché capisco queste disposizioni; la circolare è nata su richiesta delle aziende, che avevano timore a trovarsi in lockdown e quindi a trovarsi con dei rifiuti e non sapere come poterli gestire, un timore che è giustificato, per cui possiamo anche comprendere l’esistenza della circolare.

Però, la norma - che è stata inserita, ricordo, dalla Commissione bilancio al Senato al “decreto Cura Italia”, da un emendamento di Forza Italia - non va bene. Non va bene perché di fatto quelle preoccupazioni legittime - e sono state affrontate prontamente dal Ministero dell’Ambiente con la circolare - non si sono tradotte nel caso, appunto perché si pensava ci fossero rifiuti in più, e invece, come abbiamo visto e constatato, c’è stata una riduzione della produzione dei rifiuti, per cui non c’era bisogno di aumentare i tempi di stoccaggio. Per questo invitiamo il sottosegretario, il Ministro Costa, Ministero dell’Ambiente e i colleghi di quest’Aula a rivedere questa norma e a rifare una riflessione tutti insieme sull’effettività di poter cambiare o meno questa disposizione. Siamo molto preoccupati. Anche il presidente della Commissione ecomafie, Stefano Vignaroli, si è detto preoccupato su questo punto e noi condividiamo pienamente questa preoccupazione.

Altro passaggio che sicuramente dobbiamo fare è su come vengono trattati i cosiddetti “rifiuti urbani COVID-19”. Non stiamo parlando di quelli ospedalieri. Sappiamo che in Italia c’è un DPR, un decreto del Presidente della Repubblica, che disciplina come vengono trattati i rifiuti ospedalieri e in cui si dà la possibilità di mandarli o a incenerimento oppure di fare una sterilizzazione. Sul punto della sterilizzazione io voglio sottolineare che - purtroppo o per fortuna; per fortuna - ci sono delle alternative all’incenerimento: una sterilizzazione in situ. Noi siamo andati a visitare delle aziende ma siamo andati a visitare anche gli ospedali che fanno sterilizzazioni in situ e che riescono a sterilizzare i rifiuti infetti proprio lì, senza farli portare in giro per raggiungere inceneritori dall’altra parte d’Italia e tutto il resto, ed è una cosa eccezionale, perché non solo diminuisce e sterilizza - e, quindi, azzera il rischio biologico - ma contestualmente, ovviamente, è un miglioramento e trasforma un rifiuto pericoloso, potenzialmente pericoloso, in un rifiuto, invece, che non ha nessun tipo di pericolo e che potrebbe anche essere riutilizzato. Questo lo possiamo sicuramente fare. Il genio italico dei nostri ingegneri e dei nostri tecnici in Italia ha dimostrato più volte di poter arrivare a delle soluzioni tecnologiche innovative all’avanguardia a livello mondiale e noi chiediamo anche questo, quindi che si faccia una riflessione seria su questo punto, della sterilizzazione in situ.

Ma in merito appunto, andando invece sui rifiuti urbani, quelli COVID-19, diciamo quelli che provengono dalle abitazioni delle persone che, purtroppo, sono risultate positive al COVID-19 o dalle persone che sono in quarantena per diversi motivi, la circolare ministeriale - è un’indicazione anzi, un’indicazione, come ha detto benissimo il sottosegretario prima, dell’ISPRA e dell’ARPA, cioè dell’SNPA - si basa su un parere dell’Istituto superiore di sanità, e concludo, Presidente, molto velocemente, però questo è un punto molto importante. Noi abbiamo visto in “ecomafie” che non c’è alcuna tecnicità che dica che questi rifiuti debbano andare nell’indifferenziato. L’Europa ci dice che si può continuare a fare la raccolta differenziata e in più ci dice anche... e, anzi, abbiamo verificato e le aziende ci hanno garantito che sono pronte per affrontare anche il rischio biologico. Pensate che le aziende già normalmente trattano i rifiuti urbani, anche provenienti, magari, non so, da chi è soggetto ad altri tipi di patologie, ma loro sono pronte, le nostre aziende italiane sono pronte ad affrontare - e lo hanno ribadito

anche in audizione - il rischio biologico. Per cui, le raccolte differenziate possono andare avanti tranquillamente, anche perché, per esempio, sistemi come il compostaggio inattivano già il virus per quanto riguarda l’organico e sugli altri materiali, su cui si cerca di capire i tempi di decadenza e di inattività del virus, comunque i tempi di stoccaggio e di lavorazione sono talmente lunghi che il virus si inattiva. Ecco perché noi possiamo cambiare e dobbiamo cambiare quella linea e andare nuovamente sulle raccolte differenziate, promuovendo l’economia circolare.

Concludo sulle mascherine riutilizzabili. Purtroppo, in emergenza abbiamo fatto tutti quanti uso di mascherine usa e getta, l’emergenza che abbiamo vissuto, e tutto questo Paese ha vissuto gravemente questa cosa. Ora, in linea con la direttiva europea, dobbiamo promuovere le mascherine lavabili, riutilizzabili, perché il miglior rifiuto è il rifiuto non prodotto: prima ancora di riciclare è meglio non produrre. Per cui, oggi abbiamo la possibilità, grazie alle aziende italiane, di produrre mascherine lavabili riutilizzabili e, quindi, togliere i rifiuti come problema".

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Tempo di lettura: 30'

Pubblicato il: 23/05/2020 - 13:26:4


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