Siamo alle ore finali di quello che è stato il disastroso operato del ministro responsabile dello Sviluppo economico, Carlo Calenda. Invece di concentrarsi sulle operazioni da fare per passare il testimone al prossimo ministro, continua a deridere in tv e sui palchi delle assemblee il Movimento 5 Stelle. Tra gli ultimi interventi pubblici di Calenda c'è quello in una nota trasmissione televisiva in prima serata, durante la quale ha implicitamemte fatto riferimento al Movimento, il quale secondo una sua fantasiosa ricostruzione avrebbe rassicurato i tarantini che qualora l'Ilva chiudesse potrebbero fare affidamento sul Reddito di Cittadinanza. Nulla di più falso, noi non abbiamo mai preso in giro i nostri concittadini, non fosse peraltro che conviviamo come loro con il mostro dell'Ilva, fonte di malattia e morte.
Vorremmo tanto che il responsabile del Mise entrasse nel merito della vertenza ma quello che continuiamo a sentire da lui sono accuse di populismo e dilettantismo. Quindi solo parole, come le cifre inesistenti che continua a citare per il risanamento del siderurgico. Non si capisce infatti dove Calenda trovi il dato sui 4,2 miliardi di investimenti da parte di ArcelorMittal, visto che nel contratto non ce n’è traccia.
Calenda inoltre dimostra una conoscenza molto superficiale del dossier Ilva, in particolare quando afferma che con il piano del Movimento 5 Stelle sarebbero a rischio 20.000 posti di lavoro. Ad oggi i lavoratori impiegati sono 14.000, i quali si ridurranno prima a 10.000, successivamente a 8.500, nel caso andasse in porto l’accordo con ArcelorMittal. Peraltro il contratto di affitto messo in piedi dal Ministro prevede il licenziamento dei lavoratori e la loro riassunzione per scongiurare una sanzione della Commissione europea da cinque miliardi, dovuta alla violazione del divieto di aiuti di Stato. Il non detto di tutta questa fantasiosa manovra è che a pagarne le spese in termini occupazionali sarebbero proprio i lavoratori, anche quelli riassunti, dato che perderebbero gli scatti di anzianità, premi di produttività e tutele. Il messaggio fra le righe che Calenda stenta a rivelare è che l’unico a giovarne, attraverso un regalo da 50 milioni di euro, sarebbe proprio l’investitore ArcelorMittal, il quale potrebbe risparmiare circa 5.000 euro per ogni lavoratore.
Da parte nostra abbiamo dimostrato, da ultimo con l’incontro del 21 maggio a Taranto con i rappresentanti locali del comparto metalmeccanico, di voler intraprendere un percorso alternativo condiviso con lavoratori, enti locali e regione. Noi proponiamo la progressiva chiusura delle fonti inquinanti garantendo ugualmente i livelli occupazionali, piuttosto che cedere l’attività a condizioni sfavorevoli per i lavoratori e i tarantini, in termini di lavoro, salute e ambiente. Bilbao, Pittsburgh e la Ruhr l'hanno già fatto. Perché non in Italia? In questo senso teniamo a precisare che l’accordo con Arcelor non offre garanzie di continuità, ad esempio non sono previste sanzioni per gli affittuari nel momento in cui dopo due o quattro anni decidessero di non comprare l’azienda e poi c'è la spinosa questione dell'immunità penale per commissari ed acquirenti, un dettaglio sconcertante ed incostituzionale che il Ministro non menziona mai. Inoltre Calenda sta trattando con Mittal attraverso una new company che a oggi possiede un capitale sociale di appena 10.000 euro, a fronte di investimenti 'annunciati' per miliardi.
Infine è necessario sottolineare come il ministro uscente di uno dei più importanti dicasteri del Paese sia scaduto nell'offesa personale nei nostri confronti e di tutti i tarantini. Ha preferito deriderci dal palco dell'assemblea di Confindustria 2018 definendoci 'cozze pelose', facendo quindi riferimento a una particolare tipologia di mitilicoltura tarantina a rischio per l’alto livello di inquinamento del territorio, piuttosto che ricredersi sulla nostra proposta, che rilanciamo come l’unica razionale in campo.
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